Impresa agricola: IAP, società agricola e cooperativa

da | Feb 15, 2022

Se si vuole esercitare l’impresa agricola professionale in forma societaria, il D. Lgs. n. 101/2005 prevede i requisiti affinché la qualifica di IAP possa essere riconosciuta anche a società di persone, società di capitali o cooperative.

Qual è la definizione di impresa agricola?

Per definire il significato di impresa agricola, occorre chiarire la figura dell’imprenditore agricolo, definito dall’art. 2135 del codice civile (modificato dal D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228) come l’imprenditore che esercita la coltivazione del fondo, la selvicoltura, l’allevamento di animali (attività agricole principali) e le attività a queste connesse.
Gli elementi caratterizzanti l’attività agricola sono, pertanto, il c.d. “ciclo biologico”, da intendersi come il complesso di attività dirette al mantenimento o all’evoluzione di una specie vegetale o animale, e “l’utilizzo del fondo”, quale strumento per l’esercizio di tali attività.

impresa agricola

Inquadramento normativo dell’impresa agricola

L’impresa agricola è compiutamente disciplinata nel nostro codice civile, agli artt. da 2135 a 2140 (disposizioni generali), da 2141 a 2163 (mezzadria), da 2164 a 2169 (colonia parziaria), da 2170 a 2186 (soccida) e 2187 (dispo-sizione finale). Oltre alle suddette norme, vi sono poi una serie di leggi speciali in materia, quali in particolare:

  • L. n. 756/1964, L. n. 432/1971 e L. n. 203/1982 sui contratti agrari;
  • L. n. 102/1992 sull’acquacoltura;
  • D. Lgs. n. 173/1998 sull’allevamento;
  • L. n. 441/1998 sull’imprenditoria agricola giovanile;
  • D.Lgs. 228/2001 e D.Lgs. n. 99/2004 sull’agricoltura;
  • D. Lgs. n. 226/2001 e D.Lgs. n. 4/2012 sulla pesca;
  • L. n. 313/2004 sull’apicoltura;
  • L. n. 96/2006 sull’agriturismo;
  • Codice dell’Ambiente (L. n. 152/2006);
  • L. n. 141/2015 sull’agricoltura sociale;
  • D. Lgs. n. 34/2018 sull’impresa forestale.

In quale forma si può esercitare l’impresa agricola? 

L’impresa agricola può essere esercitata in quattro forme diverse:

Il D. Lgs. n. 99/2004, successivamente modificato dal D. Lgs. n. 101/2005, ha introdotto nel nostro ordinamento la figura dell’imprenditore agricolo professionale o IAP. L’art. 1 del citato D. Lgs. n. 99/2004 richiede che l’imprenditore agricolo, per essere qualificato professionale, deve possedere specifiche conoscenze e competenze professionali, nonché il rispetto di specifici requisiti di tempo e lavoro. Lo IAP, infatti, deve dedicare alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e i ricavi delle attività medesime devono rappresentare almeno il 50% del suo reddito globale. Infine, lo IAP deve essere iscritto nell’apposita separata gestione previdenziale e assistenziale INPS prevista per il settore agricolo.

È possibile aprire una srl come società agricola?

Se si vuole esercitare l’impresa agricola professionale in forma societaria, il D. Lgs. n. 101/2005 prevede i requisiti affinché la qualifica di IAP possa essere riconosciuta anche a società di persone, società di capitali o cooperative:

  • i patti sociali o lo statuto devono prevedere come oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile;
  • nel caso di società di persone, almeno un socio deve rivestire la qualifica di IAP (nel caso di società in accomandita semplice tale status è rivestito dai soci accomandatari);
  • nel caso di società di capitali e nelle cooperative, almeno un amministratore deve essere in possesso della qualifica di IAP.

L’amministratore IAP può assumere la qualifica di IAP in una sola società; non può, pertanto, essere socio in una società di persona agricola e, nel contempo, essere anche amministratore di una società di capitali agricola.

La società agricola

La società agricola, introdotta dal medesimo decreto che disciplina la figura dello IAP, non costituisce una nuova forma giuridica in quanto tutte le società, indipendentemente dalla loro natura giuridica, possono qualificarsi come società agricola, purché abbiano i sopra indicati requisiti. In particolare, lo svolgimento esclusivo delle attività elencate nell’art. 2135 del codice civile deve concretizzarsi effettivamente e non solo formalmente. All’art. 2, comma 1, D. Lgs. n. 99/2004 è inoltre specificato che:

  • non costituiscono distrazione dall’esercizio esclusivo delle attività agricole le seguenti attività: la locazione, il comodato e l’affitto di fabbricati a uso abitativo, nonché di terreni e di fabbricati a uso strumentale alle attività agricole;
  • se i ricavi derivanti dalla locazione o dall’affitto sono marginali rispetto a quelli derivanti dall’esercizio dell’attività agricola esercitata, ciò non muta la condizione di esclusività dell’attività agricola.

La cooperativa agricola

L’impresa agricola può assumere la forma di cooperativa qualora persegua anche uno scopo mutualistico, che si esplica nella gestione di un’attività svolta in favore dei soci cooperatori, il cui vantaggio deriva dall’essere i diretti destinatari dell’attività d’impresa, ottenendo prodotti e servizi a condizioni più vantaggiose di quelle di mercato oppure dalla possibilità di ottenere occasioni di lavoro agricolo. A seconda dell’attività esercitata e dello scopo mutualistico perseguito, le cooperative agricole possono essere:

  • di consumo, qualora svolgano attività relative alla fornitura di beni e prestazioni di servizi in favore dei soci a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato;
  • di produzione e lavoro, in caso di svolgimento di attività agricole con il lavoro dei propri soci;
  • di conferimento se gestiscono fasi del processo di produzione e commercializzazione dei beni derivanti dall’attività agricola principale svolta dai soci;
  • di conduzione, se impiegano e coltivano i terreni conferiti dai soci, ovvero quelle in cui i braccianti o altri soggetti, pur non essendo proprietari di terreni, ne conseguono la disponibilità per poi coltivarli.

Cosa si intende per coltivatore diretto?

Il codice civile (art. 2083) ricomprende i coltivatori diretti nella categoria dei piccoli imprenditori, cioè i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia. Nel codice civile l’unico effettivo riferimento al coltivatore diretto è contenuto nell’art. 1647, in cui è disciplinato l’affitto al coltivatore diretto il cui oggetto è un fondo che l’affittuario “coltiva col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia “.
La vera definizione di coltivatore diretto si può desumere da norme di carattere speciale previste per il settore agricolo:

  • l’art. 2, L. 26 ottobre 1957, n. 1047, ai sensi del quale “ … sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i miglioratori, gli assegnatari, i pastori che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all’allevamento ed al governo del bestiame … “;
  • l’art. 48, L. 2 giugno 1961, n. 454, che definisce coltivatori diretti “ … coloro che direttamente e abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempre che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente … “;
  • l’art. 6, L. 3 maggio 1982, n. 203, secondo cui “ … sono affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto anche dell’impiego delle macchine agricole … “.

Profili fiscali e tributari dell’impresa agricola

Le imposte sul reddito: imposte dirette

La categoria dei redditi fondiari (artt. da 25 a 43 TUIR) comprende i proventi ritratti dai terreni o dai fabbricati che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto terreni o nel catasto edilizio urbano. Si tratta di una categoria reddituale che riguarda tutti i redditi generati dalla gestione di immobili, siano essi costituiti da un fondo agricolo o da un fabbricato civile. I redditi fondiari si distinguono, poi, in dominicali, agrari e dei fabbricati. I redditi dominicali e quelli dei fabbricati rappresentano forme di produzione del reddito collegate alla realizzazione di un atto di gestione, consistente nella messa a reddito dell’immobile (c.d. “redditi da cespite”). Il reddito agrario, invece, costituisce una forma di produzione del reddito avente a oggetto la realizzazione di un’attività stabilmente funzionale allo sfruttamento della potenzialità produttiva del fondo agricolo attraverso la predisposizione di un idoneo assetto organizzativo (c.d. “reddito da attività”).
Alle persone fisiche, alle società semplici e agli enti non commerciali si applica la tassazione su base catastale. Le società e gli enti commerciali, invece, producono solo reddito di impresa, con la conseguenza che il loro reddito complessivo è comunque reddito di impresa determinato secondo le norme che disciplinato tale categoria reddituale (art. art. 81 TUIR). Possono optare per l’imposizione dei redditi su base catastale anche le società di persone, le società a responsabilità limitata e le cooperative, che rivestono la qualifica di “società agricola”; tuttavia, il reddito prodotto dalla società agricola è sempre considerato reddito d’impresa anche a seguito dell’esercizio dell’opzione.
Il comma 44 dell’articolo unico della Legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232/2016) aveva previsto che, per il triennio 2017-2019, non concorrevano alla formazione della base imponibile IRPEF e delle relative addizionali, i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali.
I commi da 70 a 72 della Legge di stabilità per il 2016 (L. n. 208/2015) hanno, invece, previsto una generale esenzione dall’IRAP per tutti i soggetti che esercitano un’attività agricola e che già scontavano l’imposta con aliquota ridotta.

Le imposte indirette: lo speciale regime IVA agricoltura

Nell’ambito delle imposte indirette, emerge uno speciale regime IVA, operante al verificarsi di determinati presupposti soggettivi (deve trattarsi di soggetti definibili “produttori agricoli”) e oggettivi (cessioni di beni rientranti in una elencazione normativamente stabilita), ferma restando la possibilità, per gli operatori del settore, di optare per l’applicazione dell’imposta con le modalità ordinarie (art. 34 e 34-bis del D.P.R. n. 633 del 1972).
Caratteristica principale di detto regime è l’adozione di una specifica modalità di esercizio della detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti (art. 19 del D.P.R. n. 633 del 1972), avvalendosi di un criterio di forfettizzazione ai fini del riconoscimento del relativo diritto.
Il legislatore ha previsto, altresì, ulteriori criteri di semplificazione nelle modalità applicative dell’imposta, operanti in presenza di produttori agricoli con un regime d’affari di dimensione particolarmente ridotte (volume d’affari non superiore a € 7.000,00). In presenza di tale ulteriore requisito, infatti, i produttori agricoli possono addirittura usufruire di un regime di esonero dagli adempimenti formali e sostanziali connessi all’attuazione del tributo in esame.

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