Vincolo di destinazione: caratteristiche e differenze con il trust

da | Nov 21, 2022

Definizione di vincolo di destinazione L’art. 2645-ter codice civile, introdotto dall’art. 39-novies, comma 1, D.L. n. 273/2005, convertito con modificazioni dalla Legge n. 51/2006, consente la trascrizione di un atto pubblico attraverso il quale determinati beni immobili e/o mobili iscritti in pubblici registri vengono destinati alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, per una durata […]

Definizione di vincolo di destinazione

L’art. 2645-ter codice civile, introdotto dall’art. 39-novies, comma 1, D.L. n. 273/2005, convertito con modificazioni dalla Legge n. 51/2006, consente la trascrizione di un atto pubblico attraverso il quale determinati beni immobili e/o mobili iscritti in pubblici registri vengono destinati alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, per una durata non superiore a novant’anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria.

vincolo di destinazione

I vincoli di destinazione, pertanto, possono essere definiti come atti di disposizione del proprio patrimonio con cui è possibile separarne una parte, destinando alcuni beni alla realizzazione di scopi appunto meritevoli di tutela e in favore di determinati soggetti beneficiari.

Quali sono gli effetti e come funziona?

Una delle caratteristiche principali del vincolo di destinazione è l’effetto segregativo ed al contempo protettivo, ossia la separazione dei beni vincolati dagli altri beni del disponente, con conseguente impossibilità per i creditori del disponente di soddisfarsi su di essi. Il patrimonio vincolato diviene così una massa separata (ed al contempo protetta) rispetto al restante patrimonio del disponente e la trascrizione del relativo negozio costitutivo nei pubblici registri rende opponibile ai terzi il vincolo di destinazione. In merito al su descritto effetto, tuttavia, va evidenziato come il nostro legislatore abbia anche delineato specifiche situazioni che non è possibile proteggere, cioè per le quali il vincolo di destinazione non può essere utilizzato, quali ad esempio gli atti soggetti all’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 codice civile) o fallimentare (artt. 64 e 67 R.D. 267/1942).

Secondo alcuni autori, l’art. 2645-ter ha introdotto un nuovo negozio giuridico di destinazione puro, la cui causa è rappresentata dalla volontà destinatoria del disponente, sorretta dalla meritevolezza degli interessi. Altri autori, invece, sostengono che, dalla collocazione della disposizione in esame fra le norme del codice civile sulla pubblicità, si desumerebbe che il legislatore non abbia inteso elaborare una nuova tipologia negoziale, bensì solo una norma sugli effetti. Gli interessi meritevoli di tutela sono quelli riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, ad enti o persone fisiche e la loro natura è, quindi, di tipo solidale; ciò detto, perché il vincolo di destinazione sia legittimo, non è sufficiente la liceità dello scopo, ma occorre la sussistenza di un interesse altruistico da realizzare.

È possibile che l’atto di destinazione produca anche un effetto traslativo: il disponente può nominare un gestore del vincolo (figura di cui si leggerà infra), in favore del quale può anche disporre il trasferimento della titolarità dei diritti vincolati, al fine di perseguire gli scopi del vincolo e amministrare i beni segregati.

Quali soggetti sono coinvolti?

Il conferente o disponente è colui che ha la proprietà dei beni e che dispone la loro destinazione nel vincolo. Il beneficiario è il soggetto in favore del quale viene effettuata la destinazione e che, appunto, beneficia dei risultati della realizzazione degli interessi meritevoli di tutela. Infine, c’è la figura (eventuale) del gestore o attuatore del vincolo, che viene nominato dal conferente per amministrare il vincolo e gestire i beni vincolati, sempre ed esclusivamente per la realizzazione delle finalità stabilite dal disponente.

Cosa può essere destinato?

L’art. 2645-ter prevede espressamente vincoli costituiti solo su beni immobili e beni mobili registrati. Oltre a questi, si ritiene che oggetto di destinazione possano essere anche altri beni mobili per i quali l’ordinamento  giuridico preveda una forma di pubblicità idonea a rendere conoscibile a terzi l’esistenza del vincolo, quali, ad esempio, le quote di società a responsabilità limitata e i titoli di credito.

È necessario rivolgersi a un notaio?

Il vincolo di destinazione deve essere stipulato per atto pubblico davanti a un notaio. Alcuni autori ritengono che sia necessaria la forma pubblica come requisito ad substantiam, cioè per l’esistenza e validità del negozio istitutivo. Altri autori, invece, sottolineando che si tratti di una norma non di diritto sostanziale, bensì di una norma sugli effetti, sostengono che la forma pubblica sia richiesta ai soli fini della trascrizione. In ogni caso, è necessario rivolgersi ad un professionista come il notaio non solo per la stipulazione dell’atto di destinazione, ma anche per avere un parere e consigli tecnici, in campo giuridico e fiscale, di modo da poter realizzare al meglio gli interessi meritevoli di tutela perseguiti.

Atto notarile: quali sono i costi?

In termini di tassazione indiretta, l’atto notarile costitutivo del vincolo di destinazione è soggetto all’imposta sulle donazioni e successioni di cui al D.Lgs. n. 346/1990 e questo perché l’art. 2, comma 47, D.L. n. 262/2006 ha previsto che tale imposta si applichi anche a tutti gli atti di costituzione appunto di vincoli di destinazione. In particolare, per il calcolo dell’imposta, il comma 49 dell’art. 2 prevede determinate aliquote (4%, 6% ed 8%) da applicare sul valore netto complessivo dei beni e dei diritti vincolati, valore quindi eccedente determinate soglie di franchigia (euro 100.000, 1.000.000 o 1.500.000). Aliquote e franchigie variano in base al rapporto che sussiste fra disponente e beneficiario ed in base alla condizione del beneficiario.

Oltre alla suddetta imposta, si devono aggiungere: le imposte ipotecaria e catastale, in misura fissa di euro 200 ciascuna, se il vincolo ha a oggetto beni immobili; e l’imposta di bollo che, a secondo della tipologia dei beni vincolati, può variare (euro 156, 225, 230 o 300). Tuttavia, la suddetta tassazione trova attuazione unicamente nell’ipotesi in cui il disponente preveda anche il trasferimento strumentale dei diritti vincolati in favore del gestore.

Nel caso in cui, invece, il vincolo venga realizzato senza trasferimento strumentale, l’imposta sulle donazioni e successioni non si applica ed il negozio istitutivo rientra così fra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, che vuol dire: imposta fissa di registro per euro 200; imposta ipotecaria, in misura fissa di euro 200, se il vincolo ha ad oggetto beni immobili; e imposta di bollo per euro 45.

Vincolo di destinazione e trust: differenze

Inevitabile è il confronto che sorge fra vincolo di destinazione e altre analoghe fattispecie giuridiche di segregazione e protezione del patrimonio, come il fondo patrimoniale, il negozio fiduciario ed in particolare il trust. Proprio rispetto al trust si possono evidenziare alcune importanti differenze.
Prima di tutto, la normativa sui vincoli di destinazione non prevede la partecipazione all’atto istitutivo di due soggetti distinti, mentre lo schema tradizionale del trust è incentrato da subito sulla partecipazione di settlor e trustee. Altra differenza riguarda i beni che ne possono formare oggetto: solo immobili e/o mobili registrati nel caso di cui all’art. 2645-ter; generalmente qualsiasi tipo di bene per il trust.
La durata costituisce un ulteriore elemento distintivo: il vincolo di destinazione non può superare i novant’anni o la durata della vita del beneficiario; nel trust, invece, la durata dipende dalle previsioni della legge applicabile e, nella sola ipotesi del trust autodichiarato, la durata può essere persino perpetua.
Infine, sulla forma: per il vincolo di destinazione, il legislatore contempla unicamente la forma pubblica, se non ad substantiam, quanto meno ai fini pubblicitari; nel trust, invece, le regole sulla forma dipendono dalla natura dei beni che ne sono oggetto e dalla legge applicabile. Anche per il trust, tuttavia, è fondamentale la forma pubblica per la trascrizione dell’atto costitutivo.

Conclusioni

Proprio il raffronto fra vincolo di destinazione e trust porta ad esaminare la ragione dell’introduzione della trascrivibilità del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter codice civile: secondo alcuni autori, la possibilità di trascrivere il vincolo di destinazione rappresenta una risposta positiva del legislatore in merito alla dibattuta possibilità di stipulare trust puri o interni, ovvero trust stipulati in Italia, da cittadini italiani e con riferimento a beni situati nel nostro Paese; secondo altri autori, il vincolo di destinazione rappresenta, al contrario, una risposta negativa del legislatore alla suddetta questione e, pertanto, uno strumento giuridico sostituivo del trust interno.

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